mercoledì 2 settembre 2015

Promemoria: non sottovalutare le conseguenze dell'amore.

Hanno abbandonato un gatto, ad agosto, in un paesino in provincia di Bergamo. Ignoto ha aperto la portiera della sua auto e ha fatto uscire la creatura, partendo a tutta velocità per non farsi seguire. La creatura, probabilmente, era un gatto d'appartamento. Uno di quei gatti che non è mai andato al di là del proprio balcone. Non ci si spiega, altrimenti, la costanza con cui è rimasto fermo per quasi cinque giorni sul tappeto d'ingresso di un condominio aspettando. Senza esplorare. Senza farsi un giro. Era inizio agosto e faceva un caldo soffocante. Il gatto è rimasto lì, indesiderato dai condomini (e come dar loro torto, ad un certo punto) e con il cibo portato da una volontaria che veniva da loro buttato via affinchè sloggiasse. Dopo alcuni giorni è stato trovato uno stallo nel milanese.
Poco dopo sono entrata in scena io. Avrei potuto, fino a poche ore prima di vederlo, elencarvi fior fior di motivi per cui no, un gatto proprio no. Potrei anche adesso, in verità. Eppure quando ho visto la sua foto qualcosa si è smosso. Ne ho visti tanti, di gatti in cerca di casa, ma non mi hanno mai toccato più di tanto perchè io sono una da cani, non da gatti. Quando ho visto quel gatto, però, ho sentito nel profondo che quella creaturina era affar mio. È inutile che cerchi di razionalizzare e di rendere comprensibile una sensazione simile. Penso sia qualcosa che capita a tutti nella vita, prima o poi. La sensazione che quella cosa lì, non altre, proprio quella cosa lì è affar mio.
Ho preso contatti. Ci sono delle cose che devi sapere, la situazione è cambiata, mi han detto. Il gatto non era così giovane come sembrava all'inizio. Aveva nove anni. Una malattia asintomatica. Dei valori sballati agli esami del sangue che si cercava di mettere a posto con una breve terapia. Lì è iniziato il lento dispiegamento della verità. Non penso ci sia stata dell'intenzione, da parte delle volontarie, che ovviamente non avevano la sfera di cristallo fra le mani per sapere come sarebbe andata. Penso che il lento dispiegamento sia stato destino. Doveva andare così. Mi ha ricordato molto il modo in cui la rivelazione di una patologia grave viene fatta al paziente. Le informazioni vengono centellinate, date con gradualità, affinchè il dolore non sia insopportabile. Si aiuta a metabolizzare boccone dopo boccone. Nel caso della creatura, ovviamente, direi "perchè ci sono situazioni in cui la fuga dell'adottante sarebbe troppo rapida per riuscire a trattenerlo".
Nel frattempo io sono andata a prendergli le cose. La casetta a righe in cui avrebbe dormito, le ciotole in cui avrebbe mangiato, la cassetta bianca e nera perchè quella fucsia era stata brutalmente bocciata da B., il tiragraffi. Ci ho messo impegno, nella scelta delle cose. Il tiragraffi in quel modo lì no, perchè ha nove anni e magari nemmeno ci gioca, sarebbe solo uno spreco di denaro. Quell'altro però sì, così ci si infila sotto che, si sa, i gatti amano infilarsi ovunque. Ore passate a scegliere i cibi più adatti ai gatti con i reni così così. Sono sempre stata contraria all'antropomorfizzazione degli animali. Vedo in questo atteggiamento una mancanza di rispetto innanzitutto verso l'animale, quindi mi sentivo anche fin troppo esagerata, a buttarci tutto questo tempo nella scelta del cibo o degli accessori.
Quando ha terminato la terapia sono stata contattata dalla volontaria e sono andata a vederlo con B., convinta che di lì a pochi giorni lui sarebbe entrato in casa. Aveva fatto le ultime analisi al mattino. Ci siamo trovati di fronte ad una realtà che non ci aspettavamo. I problemi al cuore, i problemi ai reni che erano rientrati solo parzialmente e che necessitavano un nuovo ciclo di cure, con alte probabilità di flebo per il resto della sua vita a causa dell'insufficienza renale. È stata onesta. È inutile indorare la pillola per rifilare un animale malato a due persone che poi tornano a restituirlo. L'ennesimo abbandono. Ci ha detto come stavano le cose e per noi, che ci eravamo appigliati alle nostre illusioni per giorni, è stata un po' una doccia fredda. Ci ha detto anche che eravamo liberi di tirarci indietro, se non ce la sentivamo. Che aveva bloccato gli annunci perchè ci eravamo fatti avanti, ma... parlatene e decidete. Ci rivedremo nei prossimi giorni, così vi faccio vedere come si fa, una flebo ad un gatto. Mentre lei parlava io lo guardavo. Se ne stava seduto sotto al tavolo, guardando fisso di fronte a sè. Lo guardavo e pensavo: "È per questo che ti ha abbandonato in mezzo ad una strada dopo nove anni? Perchè aveva saputo?".
Il gatto, va precisato, il gatto non è stato curato molto da un punto di vista medico. E per avere nove anni ed esser conciato così, nemmeno da un punto di vista alimentare.
Siamo tornati a casa senza parlare. In casa c'era tutto. C'era la casetta, le ciotole, la cassettina... l'unico a mancare era lui. C'erano la SUA casetta, le SUE ciotole, la SUA cassettina. Mi sono seduta, senza forze, sul divano e ho guardato B. "E ora che si fa?".
Potremmo prendere un altro gatto. Sarebbe strano vedere un altro gatto che usa le sue cose. Perchè nonostante tutto non riesco a smettere di pensare che quel cosino sia il MIO gatto? Il mio Klimt. Che cosa assurda è questo legame che mi tiene stretta a quel cosino che nemmeno conosco?
Ho pensato a lui, quella notte, e ho cominciato a piangere, senza freni, come una disperata. Singhiozzavo e pensavo a ciò che gli era capitato, a ciò che era capitato a me che - scusate - non me lo meritavo, a quanto sarebbe stato squallido, schifoso e ingiusto rifiutarlo solo perchè vecchio e malato, così come si rifiuta un capo difettato ordinato online. Il mio Klimt....

Klimt




Ogni giorno che vivo,
mi convinco sempre più
che lo spreco della vita è
nell’amore che non diamo,
nelle forze che non usiamo,
nella prudenza egoista
che non rischia mai,
e che, schivando la sofferenza,
fa perdere anche la felicità.
Il dolore è inevitabile.
La sofferenza è un accessorio extra.


Carlos Drummond de Andrade

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