sabato 31 gennaio 2015

Lei lo sa cosa vuol dire crescere un figlio? Vuol dire dargli la vita. Passare la notte accanto a lui quando è ammalato, prenderlo in braccio e correre in ospedale. Aspettarlo davanti a scuola e trascorrere insieme la notte prima del risultato degli esami. Mangiare, bere e ridere con lui. Dargli ogni giorno della propria vita e ricenere in cambio una gioia infinita. Come può ammazzare i nostri figli come se nulla fosse?

- Mohamed Mansi Qandil, La partita
Internazionale 1083

sabato 24 gennaio 2015

Con il cuore a Kobane

I cuori non sono tutti uguali. Si modellano, si sagomano sulle esperienze. Come un tronco che cresce storto adattandosi a quello che c'ha intorno. E tutto quello che ha dato forma al tuo... Gli insegnamenti, le cose trasmesse, quelle che ti hanno fatto piangere, quelle che ti hanno fatto ridere, il sangue che ti ribolliva dentro e quello che ti ha fatto sputare fuori. Ogni cosa. Oggi sta a Kobane.

- Zerocalcare, Con il cuore a Kobane.

Questo reportage a fumetti è stato allegato allo scorso numero di Internazionale. Tutte le copie sono andate esaurite, motivo per cui la redazione ha scelto di ristamparlo e allegarlo al numero di questa settimana (che potrete trovare nelle edicole fino a giovedì).
Meritevole e dal costo veramente contenuto (solo 3 euro, il prezzo del giornale).

lunedì 19 gennaio 2015

“Questo telegiornale andrà in onda in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali”

- Daniele Luttazzi


Dio, che nostalgia...

venerdì 16 gennaio 2015

Scoperte inaspettate

Quella roba che fa "Crunch crunch" mentre manstichi il cioccolato di Modica non si chiama "consistenza strana".
Si chiama "Texture zuccherosa".
Non si finisce veramente mai di imparare...

martedì 13 gennaio 2015

Ai Rimember - I nostri eroi alla riscossa

Correvano gli anni 90, l'aids e il panico da aids dilagavano (e si, voi direte: "aridaje con sta aids...") e a morire come mosche non erano solo omosessuali e fornicatori impenitenti, ma anche tossicodipendenti. Di aids o di overdose. Ricordo ancora che due compagnetti di scuola miei rimasero senza mamma. Morì su un treno. La notizia fece molto rumore, tra noi bambini, perchè si vociferava che la donna si bucasse e fosse morta di aids. Con le conoscenze che ho oggi mi pare poco probabile questa versione (vedo difficile che una persona con aids e in punto di morte riesca fisicamente a prendere un treno per morirci sopra) e penso che la causa reale sia stata overdose.
Ricordo diversi compaesani girare completamente fatti, con lo sguardo assente. Ricordo che nei boschi non ci potevo più andare perchè c'erano le siringhe e mio padre non si fidava, temeva mi pungessi per errore raccogliendo castagne. Ricordo siringhe pure sui marciapiedi.
Niente più parco Amati, anche se pieno di uccellini, perchè di siringhe ne avevano trovate anche lì e mia nonna aveva paura per me.
E ancora, ricordo le scuole medie. Una gita di classe. I professori che ci dicono: "Mezz'ora libera prima dell'arrivo del bus" e noi a zonzo per i giardini pubblici di Porta Venezia. Camminare con le amiche e scorgere, ad un certo punto, nell'incavo creato da un gruppo di rocce, una quantità imprecisata di siringhe. Tantissime. Ansia. Allontanarci in fretta da lì.
Ad oggi non capisco quanto il problema della droga, così dilagante, ingestibile e alla luce del sole, fosse legato al posto da cui vengo o quanto non fosse invece diffuso in tutta Italia. So però che qualche giorno fa ho incrociato un vecchio compagno di classe. Era il primo della classe. Ma non il primo della classe con difficoltà sociali che pensa solo allo studio. Era un primo della classe integrato.
Aveva lo sguardo spento, assonnatissimo. Faticava a tenere gli occhi aperti. Erano le dieci e mezza di mattina e non penso la sua fosse stanchezza. Non penso nemmeno che si fosse sfondato di canne come un cavallo. Ci sono rimasta male. Non avrei dovuto stupirmi, eppure l'ho fatto. Non avrei dovuto stupirmi perchè un paese che dieci anni fa è riuscito a finire sul giornale provinciale per via della coca che girava alle scuole medie e in cui il modello standard di divertimento per adolescenti e scovare il prossimo rave party a cui partecipare, a cosa vuoi che porti chi ci rimane ed è integrato?
Uscendo da questo incontro casuale non ho potuto fare a meno di chiedermi i genitori, in tutto questo, che pensassero. Se si fossero accorti di avere uno zombie che girava per casa (mai, mai, mai sottovalutare la negazione della persona di fronte a ciò che provoca dolore. Mai).
Tornando al discorso principale, il problema doveva essere avvertito un po' in tutta la nazione, e forse anche più in là, visto che hanno pensato bene di farci un cartone animato per educare noi bambini che la droga fosse il male incarnato e che andasse evitato come la peste.
Il cartone in questione era particolare poichè vedeva la conpresenza di diversi personaggi molto amati dai bambini e assolutamente non collegati fra loro (i puffi, Alvin, Winnie ecc.), impegnati a salvare un ragazzino che ha preso una brutta strada.
Venne trasmesso negli anni 90, preceduto da un discorso tenuto da Andreotti. Io, in tutta onestà, ricordavo Scalfaro. Ma ero molto piccola e la mia memoria deve aver vacillato, perchè ho su vhs proprio la registrazione completa (evidentemente i miei ci tenevano a prevenire il più possibile la mia tossicodipendenza... ) che ha dimostrato in modo inequivocabile l'identità del politico.
Andreotti apriva sostenendo che nel nostro paese c'era un grande problema: la droga.
Me lo ha raccontato B., che per sbaglio ha guardato la cassetta l'altro giorno. Ha aggiunto - non gli si può certo dare torto - che sentir dire una frase simile ad una persona additata da molti come mafioso (devo spenderci veramente parole o possiamo glissare?) gli ha ricordato in modo inquietante qualcosa di già visto. Oltretutto Johnny Stecchino è uscito l'anno dopo. Chissà che Benigni non si sia lasciato ispirare....


sabato 10 gennaio 2015

Steve McCurry a Villa Reale...

Il primo dell'anno ho pensato di approfittare della giornata di sole per andare con B. al parco della Villa Reale di Monza. Dopo le ultime settimane di reclusione fra quattro mura, sentivo veramente il bisogno di stare in mezzo al verde e camminare per ore (la versione soft di un noto personaggio cinematografico, insomma).
Non ho mai preso in considerazione Monza per mostre e iniziative varie, salvo quando proprio non mi finivano sotto al naso (mea culpa), quindi della mostra di McCurry non sapevo nulla.
Per chi si stesse domandando chi sia questo McCurry...
La Ragazza afgana - Steve McCurry
Potevamo lasciarcela sfuggire? No, ovviamente. Siamo entrati dubbiosi, perchè il sito della mostra non lo avevamo guardato e pensavamo (malfidenti) che a Monza si fermassero le mostre minori. Sbagliatissimo. In una Villa Reale tirata a nuovo, che da sola merita comunque una visione, abbiamo trovato una mostra che ci ha tenuti incollati per due ore. Siamo usciti solo perchè erano in chiusura, ma penso che due ore e mezza, senza stancarci, le avremmo passate tutte. McCurry è riuscito a farci girare il mondo, in quel tempo limitato, con tanto di spiegazioni sulle sue foto, su come le aveva fatte, su cosa avesse provato o perchè avesse considerato quel particolare scatto meritevole di essere fatto, con tanto di ore, giorni in attesa del momento perfetto. Alcuni assaggi della mostra...



Questa alla mostra non era presente, ma non pensavo che avesse fatto uno scatto anche a lui... voi cosa ci vedete?

mercoledì 7 gennaio 2015

The Normal Heart

Questa è una chicca su cui sono inciampata per caso un po' di tempo fa e che ho tanto insistito per rivedere in compagnia. Ad una seconda visione ho continuato a trovarlo straordinario e, lo ammetto, non mi dispiacerebbe una terza visione.
Il film è tratto dallo spettacolo teatrale di Larry Kramer, opera autobiografica in cui viene mostrata, in maniera decisamente cruda, l'esplosione del contagio da AIDS nella comunità gay di New York agli inizi degli anni 80.
Penso - potrei sbagliarmi - che le generazioni nate negli anni 70 e 80 siano state quelle più sconvolte (vista la giovane età) dalla scoperta di questa nuova malattia. Ricordo bene le pubblicità poco rassicuranti con gli omini circondati dall'aura luminosa, così come l'incertezza, l'idea che il virus potesse essere trasmesso tramite sudore o saliva. A ciò va aggiunto che, sebbene oggi con l'HIV si campi relativamente bene e taluni vadano pure a cercarsi intenzionalmente l'infezione, all'epoca di AIDS si moriva e la morte era qualcosa di straziante, atroce e inguardabile. Ciò che mi mancava, in verità, era la conoscenza di ciò che stava dietro a questo terrore dai confini indefiniti che mi ha travolta quando di anni non ne avevo ancora cinque. Riuscire ad avere un quadro chiaro con la capacità di comprensione di un adulto. Questo film mi ha permesso di scostare la tenda. Non solo, mi ha aiutata a gettar luce sul movimento gay nell'America degli anni 80. Mi ha fatto un certo effetto vedere il protagonista lamentarsi di quanto si fosse arretrati sui diritti gay sebbene si fosse già nel 1982. Rivedere i miei discorsi nei suoi discorsi mi ha fatta scontrare con l'immobilità dei giudizi e, ammetto, mi ha fatto perdere un po' di fiducia nella possibilità che in futuro ci siano evoluzioni o cambiamenti.
Non penso che un omofobo guarderà mai un film del genere ed è un gran peccato, perchè ciò che viene sbattuto senza filtri sullo schermo è l'umanità dei personaggi. Un'umanità che non conosce orientamento sessuale o colore di pelle. Il disorientamento, la paura, il sentirsi completamente abbandonati, la disperazione. Questo è un film che fa paura non per la malattia (tremenda, sì, però come molte altre), ma per la non reazione che la comunità omosessuale ha incontrato quando il contagio ha cominciato a dilagare. Il pensiero che persone possano ammalarsi e morire nella completa indifferenza generale, convinta che fino a quando non tocca noi non sia un problema nostro, è spaventosa.
Da vedere.

domenica 4 gennaio 2015

Non so voi, ma quando giro per facebook a volte mi capitano certi commenti caratterizzati da una bellezza che commuove.
Io sono una fan del punto e virgola e sono per la sua tutela e il suo inserimento nei testi. Ok forse (forse??) qui non c'entra molto, però il fatto che una persona che fa scivoloni del genere me la ficca così, in mezzo alle parole, a me fa scendere un poco la lacrimuccia di gratitudine. Gli vogliamo bene. E no, non commentiamo nulla sul caso del bambino ammazzato, sia mai che sbattano in galera pure noi.

giovedì 1 gennaio 2015

Lei aveva in mano un mazzo di disgustosi, inquietanti fiori gialli. Sa il diavolo come si chiamano ma sono i primi a comparire a Mosca. E i fiori spiccavano violentemente sul suo soprabito nero. Aveva dei fiori gialli! Brutto colore. Sbucò da via Tverskaja in un vicolo e qui si voltò. Lei conosce via Tverskaja? Ci passavano migliaia di persone, ma io le assicuro che lei vide me solo e mi guardava non si può dire inquieta ma addirittura in modo morboso. E lei mi colpì non tanto per la sua bellezza, quanto per il senso di solitudine insolito, mai visto, che c'era nei suoi occhi.

- M. Bulgakov, Il maestro e Margherita.