lunedì 13 luglio 2015

La mia (tardiva) risposta a Bill Lee

Alcuni anni fa un mio caro amico si è impiccato.
Io stavo già attraversando un momento buio, perchè ero alle prese con un altro lutto risalente a due mesi prima, ma quel fatto ebbe un ruolo principe nello spingermi nel baratro.
Ho ricordi molto confusi di quel periodo. Mi ricordo in auto, diretta ad un appuntamento pochi minuti dopo aver avuto la notizia, guardarmi in giro stranita chiedendomi come potesse il resto del mondo andare avanti come se nulla fosse, dopo un fatto del genere.
Ricordo che la notte uscivo da sola e mi mettevo a guardare le stelle ascoltando in loop Au Bout di Canali. Ricordo tutte le volte che l'ho chiamato, nei giorni seguenti, per accertarmi che la notizia fosse vera. Io non volevo crederci. Chiamavo anche 2, 3 volte di fila, ma a rispondere era sempre Wind.
Sono andata tante volte a cercarlo al cimitero, in questi anni. So che è stato messo nei colombai, ma non è mai comparsa nessuna lastra di marmo col suo nome. Mai. Non so in che rapporti fosse con la famiglia. Non so se non mettere quella lastra fosse intenzionale o legato a difficoltà economiche. Non so. Il risultato è che, ad oggi, io non so dove lui stia.
Avevo letto che i cani hanno bisogno di vedere il corpo del morto per capire che non c'è più. Non so se sia vero, ma io ho pensato a me e lui. A quanto ho continuato a cercarlo, negando a me stessa l'accaduto. Cinque giorni prima di quel gesto ci eravamo visti. "Una di queste sere ti chiamo" aveva pure detto "usciamo di sera a mangiare una pizza!". Non sospettavo nulla.
Sono arrivati altri lutti, poi. Mi sono sentita un po' la signora in giallo.
Alla fine ho smesso di mangiare e ho perso molto peso.
Ancora adesso, però, non riesco a ritenermi colpevole per ciò che ho fatto a me stessa. Esistono momenti, nella vita di ognuno di noi, in cui ciò che fa male è così tanto, come quantità e intensità, che se non si ha la fortuna di aver raggiunto un equilibrio più che eccellente e se non si hanno a fianco le persone giuste (giuste per quel tipo di momenti), si viene schiacciati da tutto.
Esiste un termine inglese bellissimo il cui suono, secondo me, fa capire alla perfezione ciò che intendo: overwhelmed. Sopraffatto. Come quando sei un bambino piccolo che gioca nel mare e un'onda improvvisa, immensa, ti fa perdere l'equilibrio, cadi in acqua e bevi, ti spaventi. Allora arriva la mamma a prenderti, ti stringe forte e in mezzo ai tuoi strilli dice che va tutto bene. Ti senti avvolto nel suo calore, protetto e tutta quell'angoscia enorme, incontenibile, improvvisamente passa.
Il problema è che nella vita da adulti non arriva nessuna mamma dall'abbraccio magico a far sparire paure e insicurezze. Si rimane sbattuti lì, con le brutture e le tragedie della vita, senza nemmeno la possibilità di trovarci un senso.
Quando F. si è impiccato, io ho iniziato a sentire che tutto intorno a me si sgretolava. Mi sentivo impotente spettatrice dello sgretolamento del mondo intero. Mi pareva che qualsiasi cosa avessi potuto fare, costruire, sarebbe stata inutile in quanto tutto era destinato a sgretolarsi. Avevo - ho tutt'ora - una visione molto tragica della vita. Ci vedo tanti drammi, tante sofferenze. Il solito banale discorso del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Ci ho messo un anno e mezzo per cominciare a riprendermi. Non per guarire. Per attivarmi e ricominciare a mangiare, leggere, guardare film e stare con gli altri. Per un anno e mezzo sono rimasta congelata. Vivevo come un automa la mia vita, lasciando che lo scorrere del tempo consumasse me e il mio peso.
Un giorno ho capito che l'unico modo per contrastare lo sgretolamento era costruire più velocemente di quanto lui operasse. Costruire. Costruire. Costruire.
Lo sento ancora, lo sgretolamento, ma continuo instancabile a costruire evitando di dare troppa attenzione ai momenti di scoramento, che inevitabilmente di tanto in tanto arrivano, perchè so che lasciano un po' il tempo che trovano.
Sarò sempre, per mia natura, portata a cogliere alcuni aspetti della realtà piuttosto che altri. Continuerò sempre a salvarmi citazioni deprimenti e malinconiche.
La citazione che hai commentato, ad esempio, l'avevo trascritta anni e anni fa. Ritrovata per caso, l'ho ripubblicata perchè ancora oggi mi colpisce. Rispetto al passato, però, fa meno paura. Non suona più come una verità assoluta, come una profezia incontrovertibile. La vedo più come una parte della realtà, una delle sue tante sfaccettature ineliminabili.
Leggo citazioni così e penso allo sgretolamento... e ora, finalmente, lo vedo lontano.


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